Punto di fumo: diamo i numeri
Saranno anni che sento i consigli più vari sulla scelta del miglior olio per friggere: chi dice arachidi, chi dice extravergine d’oliva, chi dice soia. La verità è che ognuno segue le proprie convinzioni e anche nel web non si fa molta chiarezza.
Partiamo allora dalle certezze:
Il punto di fumo è la temperatura a cui un grasso alimentare riscaldato comincia a rilasciare sostanze volatili che divengono visibili sotto forma di un fumo tendente al colore bianco, formando anche acroleina, una sostanza tossica
Fonte: Wikipedia
Il punto di fumo viene calcolato in base ad una formula matematica che tiene in considerazione il contenuto di acidi grassi liberi.
Questo significa che oli ricchi di acidi polinsaturi ma con una concentrazione di acidi liberi molto bassa, nonostante siano più suscettibili all’ossidazione, possano avere punti di fumo più alti di oli composti prevalentemente da acidi monoinsaturi. Che significa?

L’immagine qui sopra mostra chiaramente quanta confusione c’è sul web, e il motivo è presto detto: non possiamo conoscere a priori la quantità di acidi grassi liberi dell’olio che stiamo comprando, o meglio possiamo essere solo certi che l’acidità sia inferiore a 0,8% (perché è olio EVO). Un’altra certezza è che per fare una buona frittura possiamo portare l’olio tra i 170° e i 180° C.
Quindi possiamo scegliere l’olio extravergine d’oliva perché è più stabile durante la cottura, l’importante è non superare i 180° C, temperatura che ci mette al riparo dal raggiungimento del punto di fumo.
Per completare l’informazione vi lascio alcuni consigli della “Linee Guida del Ministero della Sanità per l’utilizzo di oli e grassi per la frittura”: